Recensioni


«La pittura di Pagani Ferdinando non disgiunge, non frange, non sottolinea, continuamente “riannoda” alla ricerca del bandolo delle esistenze terrene. È pittura come percezione, ascolto di sé e della natura; unificante nei tagli, nella resa atmosferica, nella pennellata sfatta ma descrittiva che indaga…»


Silvana Aldeni, professoressa di storia dell’arte, in occasione della mostra presso Sala del cortiletto di Santa Maria, Busto Arsizio, settembre 1992.


«Pagani nei suoi dipinti, su carta intelata e su tela, cerca di indicare un “altrove”. Nelle nature, nelle architetture, negli scorci, nella ripetizione stessa dei soggetti e dei tagli dell’immagine, si esplora un “oltre” che è un soffermarsi nei pressi della linea: un tentativo di rendere visibile in altro modo l’intorno».


Maria Cristina Galli, docente dell’Accademia di Brera, in occasione della mostra Suggestioni dell'immaginario, presso sala espositiva Fratello Sole, Busto Arsizio, novembre 2003.


«Ferdinando Pagani presenta, con questo libro, un progetto elaborato nel corso di tre anni di lavoro. La mostra presso il Battistero di Arsago Seprio diventa così l'occasione per documentare gli esiti di questa ricerca che guarda, allo stesso tempo, verso due differenti fonti. Da una parte all'approfondimento e lo sviluppo proprio di un linguaggio pittorico, legato ad un'astrazione analitica e concettuale; dall'altro una necessità spirituale (comunque mai celata), un senso religioso, che amplifica la dimensione immateriale e introspettiva delle tele realizzate per questo ciclo […].
Grazie al contatto con l'astrazione analitica dalla vena più lirica, Ferdinando Pagani ci propone una personalissima lettura della Passione di Cristo, suggerita attraverso diciassette tele dove il puro utilizzo del colore come unico elemento linguistico entra in collisione con una narrazione fatta di frammenti e squarci, personali e non univoci.
Questa Via Crucis non oggettiva, sussurrata all'orecchio di chi ascolta […] parla di una fede radicata in un'interiorità profonda che disegna, vista dall'esterno, un panorama incerto. Credo che dentro questa immagine di in-sicurezza si situi tutta la poesia della ricerca di Pagani. Poiché, in relazione al mondo delle cose, è qui toccato il legame indissolubile tra arte e fede».


Alessandro Castiglioni, storico dell'arte, curatore indipendente e collaboratore del MAGA, in occasione della mostra Isaia 53,3-6, tenutasi presso il Battistero di Arsago Seprio (VA), 2010.


«Ferdinando Pagani rivive i temi biblici (in questo caso le vicende della Passione) attraverso il colore, che si fa ombra impalpabile o muro impenetrabile, nebbia inconsistente o lampo di luce, spazio scuro e profondo o aria tersa e leggera. Le superfici vibrano sotto i tocchi variegati e cangianti di un pennello che cerca le trasparenze, le velature, i viraggi sapienti e docili, ma anche i contrasti sofferti, gli affanni più nascosti, le verità segrete.
La sua pittura nasce prima da dentro, dall'anima e dalla mente, dalla memoria e dal ricordo, poi si fa simbolo, si concilia col tutto e, infine, non smette di essere racconto, narrazione di un'esperienza che è quasi un cammini iniziatico, un'espiazione faticosa e, proprio per questo, ricca di emotività».


Lorella Giudici, critica d'arte e professoressa di storia dell'arte presso l'Accademia di Belle Arti di Milano, in occasione della mostra Isaia 53,3-6, tenutasi presso il Battistero di Arsago Seprio (VA), 2010.

«La schiettezza delle immagini, l’onestà intellettuale che le sostiene, il senso critico che lo porta continuamente a confrontarsi con altre esperienze, sono limpidi ed acuti. C’è una diffusa coerenza pittorica fra contenuti motivazionali ed esiti espressivi. I riferimenti sono ancora quelli della realtà, ma il segno ora è più morbido e flessuoso e mira a disperdere l’immagine in atmosfere vagamente oniriche dove la realtà tende a diventare sogno o evocazione».


Ettore Ceriani, critico d’arte, Luci e ombre del cortiletto, «Lombardia oggi–Prealpina» del 13 novembre 1994.


«Dalla densa espressività Pagani è passato alla riflessione intellettuale, rigorosa e metodica. Quella che per anni è stata chiamata astrazione analitica, pittura non oggettiva, diventa qui metodo di indagine interiore. L’artista arriva così a realizzare una serie di opere dove è possibile vedere come il lavoro dei decenni precedenti si sia riformulato in tele compatte ed estremamente liriche. Paradossalmente queste omogenee ed enigmatiche campiture cromatiche (in cui un nitidissimo giallo invade tutto) parlano di uomo e natura: Di interno ed esterno. Parlano di silenzio e meditazione, i linguaggi intimi che studiano l’anima, ridefiniscono le ragioni stesse del fare pittura».


Alessandro Castiglioni, storico dell'arte, curatore indipendente e collaboratore del MAGA, in occasione della mostra Linguaggi intimi presso Spazio Zero, Gallarate, novembre 2007.


Per Ferdinando Pagani l'obiettivo principale si configura in poche ed essenziali parole.

Assolute si potrebbe dire.

Nei lavori in mostra non compare mai un volto, un appiglio figurale; "appare"invece un suono che si fa colore, una fonte da cui promanano un appello vocale luminoso.

Si manifesta così un'immagine cromatica, un'epifania "che parla" o "a cui si parla", dopo aver ascoltato.

Si rende presente, in tal modo, un perenne richiamo al tema dell'origine e della testimonianza, del silenzio e del clamore, della destinazione e della verità.  Mi sembra infine che l'astrazione, nei lavori di Maccagno, possa creare una tessitura di segni evoluta, una ricerca atmosferica di materia impalpabile: la parola/colore/annuncio si fa insieme memoria, esperienza feconda, ascolto assoluto fatto di puro silenzio.

La parole per Pagani non è mai sospesa o indecifrabile; è intellegibile, pone in essere un dialogo anche quando si trasforma in grafia, come avviene nella "Commedia del Cibo" dove il messaggio diviene componente segnica.

In questo senso, la risposta dell'uomo è sempre una domanda, un lavorio di responsabilità, ma anche una possibilità di entusiasmo e creatività.

 

Clara Castaldo, critica d'arte e curatrice presso il Civico Museo Parisi Valle di Maccagno (Va); in occasione della mostra Paradossali parole: progetto artistico a tre voci, marzo 2017.